Il recente incendio che ha messo fuori uso un terminal dell’Aeroporto di Fiumicino porta alla ribalta le problematiche connesse alla riduzione e limitazione del rischio incendio, nonché la gravità dei danneggiamenti diretti e indiretti provocati dal fuoco. Viene naturale chiedersi come mai oggi, nonostante l’elevato patrimonio tecnologico di cui disponiamo, si verificano ancora incendi con danneggiamenti così evidenti. Può la PREVENZIONE INCENDI prevenire l’insorgere dei focolai o, quantomeno, ridurne drasticamente le conseguenza?
Riportiamo qui di seguito un comunicato stampa di ANIE (Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche) in cui viene chiesto il parere sull’accaduto all’ing. Bulletti, Presidente di AICE (l’Associazione che all’interno di Federazione ANIE rappresenta le aziende produttrici di cavi per energia e accessori, cavi per comunicazione e conduttori per avvolgimenti elettrici), che può essere così sintetizzata: “Infrastrutture critiche quali sono gli aeroporti non possono prescindere dai cavi cosiddetti LS0H (low Smoke Zero Halogen) indispensabili per la sicurezza di cose e persone.”
Di seguito i punti salienti del comunicato del 20 Maggio 2015 che può essere letto in versione integrale a questo link sul sito ANIE.
“Non abbiamo certezze riguardo l’accaduto, ma a meno di concomitanze eccezionali, difficilmente un principio d’incendio per cause elettriche scatena tanti danni in un tempo così rapido. A condizione che, ovviamente, siano usati i cavi adeguati” incalza Stefano Bulletti, Presidente AICE. “Infrastrutture critiche come gli aeroporti non dovrebbero prescindere da questa tecnologia ma per le stesse ragioni si deve pensare all’impiego di queste tecnologie non solo in ambienti pubblici o assimilabili, ma anche in ambienti civili, abitazioni, e soprattutto nei palazzi dove la concentrazione abitativa fa si che le quantità di cavo impiegate siano notevoli ed i rischi associati importanti, vista la presenza di numeri elevati di individui. C’è ancora molto lavoro da fare, nonostante l’impegno del nostre aziende nella promozione dei nuovi prodotti: ciò avviene sia per mancanza di indicazioni dalle autorità nazionali competenti, che intendiamo sensibilizzare nei confronti di questa importante problematica, sia per una ritrosia da parte di alcuni progettisti legata a retaggi di tipo economico. Retaggi che, per altro, a mio avviso non hanno fondamento, considerando che le differenze di costo tra cavi standard e cavi LS0H non superano il 10%. La nostra Associazione auspica quindi che queste tecnologie siano in futuro sfruttate a dovere, al fine di garantire la massima sicurezza per gli utenti di luoghi di rischio quali appunto le infrastrutture critiche.”
L’innovazione tecnologica incorporata nei cavi consente di offrire un’adeguata sicurezza per prevenire gli incendi o limitarne gli effetti. In particolare l’industria italiana è produttrice d’eccellenza di cavi LS0H (low smoke zero halogen), che uniscono la capacità di non propagare l’incendio e non rilasciare il calore con quella di avere una bassa emissione di fumi e gas tossici, facilitando così l’intervento dei soccorsi nelle aree colpite da incendi. Premesso che i danni da incendi per cause elettriche sono principalmente dovuti al fuoco e all’inquinamento da sostanze corrosive (quale è il cloro), i cavi LS0H operano da diretti antagonisti di queste due cause, perché facilitano la non propagazione dell’incendio e la sua auto-estinzione, impedendo l’emissione di gas nocivi. Se l’impianto è realizzato con questa tipologia di cavi, la minore velocità di propagazione del fuoco permette interventi risolutivi con danni ridotti, l’ambiente non si inquina con fumi che sono estremamente pericolosi per la vita umana, rendendo possibili rapidi interventi di bonifica per rendere agibili le aree interessate. Le regolamentazioni edilizie di molti Paesi, però, attualmente non impongono obblighi riguardo all’utilizzo di cavi LS0H. Scegliere prodotti sicuri in questi casi è la logica conseguenza di una corretta informazione da parte degli organi legislativi competenti, rafforzata da adeguate regolamentazioni nazionali, ma soprattutto da una più diffusa consapevolezza degli utenti finali delle differenze di rischio dovute ad impieghi di tecnologie diverse.