A fine Aprile è stata presentata dalla Commissione Europea, la bozza del Regolamento sull’Intelligenza Artificiale, primo documento al mondo nel suo genere. Prendendo atto di quanto rapidamente i sistemi basati sulla IA si stiano diffondendo, anche a causa dell’accelerazione imposta dalla pandemia, i legislatori europei hanno deciso di intervenire per regolamentare una materia assai ampia e delicata.
Lo scopo fondamentale del Regolamento è quello di trovare un equilibrio fra i diversi interessi in gioco. Da un lato c’è la volontà di non ostacolare lo sviluppo delle tecnologie di Intelligenza Artificiale, ritenute vantaggiose per la gestione e implementazione di svariati settori chiave dell’economia europea. Dall’altro c’è l’esigenza fondamentale di tutelare i cittadini dell’Unione da un uso improprio o ingiustificatamente massiccio delle stesse. Il Regolamento infatti, in alcune sue parti, sembra prendere le mosse da GDPR, richiamandone alcuni dei principi base.
I temi principali del Regolamento sull’Intelligenza Artificiale
La Commissione, dopo aver evidenziato gli elementi che ne hanno reso necessaria l’adozione, introduce il documento, dichiarandone lo scopo e descrivendo i molteplici obiettivi del programma europeo:
- consentire la crescita e l’adozione dell’Intelligenza Artificiale nell’UE;
- rendere l’Unione Europea una sorta di centro strategico per lo sviluppo dell’IA dal laboratorio di ricerca al mercato;
- garantire che l’IA trovi applicazioni a vantaggio dei cittadini e della società nel suo complesso;
- tutelare i diritti delle persone dai rischi correlati all’utilizzo dell’IA, sviluppando un quadro normativo ad hoc.
Per il raggiungimento dei suddetti obiettivi, il Regolamento detta una serie di indicazioni, molte delle quali “mutuate” proprio dal GDPR:
- la definizione di standard minimi di qualità dei sistemi che garantiscano costantemente l’accuratezza, la robustezza, la resilienza e la sicurezza dei dispositivi che utilizzano l’Intelligenza Artificiale;
- l’obbligo per i produttori di svolgere il c.d. conformity assessment, ovvero di essere in grado di dimostrare, prima che il prodotto sia commercializzato, che i requisiti del Regolamento siano stati rispettati;
- la previsione di precisi obblighi di trasparenza sul funzionamento del sistema, non solo nei confronti dell’utente finale, ma anche di chi acquista e utilizza tale sistema all’interno dei propri servizi;
- la definizione di una valutazione del rischio, resa necessaria dal rilevante impatto che ogni sistema di Intelligenza Artificiale ha nei confronti dell’individuo. Questa dovrà essere integrata da un sistema di gestione del rischio, anch’esso documentale e periodicamente monitorato e implementato.
Pratiche vietate dal Regolamento
Ai sensi dell’art. 5, sono vietate pratiche di IA che utilizzino tecniche subliminali o che sfruttino una qualsiasi delle vulnerabilità di un gruppo specifico di persone, come età, disabilità fisica o mentale, per incidere sul loro comportamento, col rischio di causare danni fisici o emotivi. Sono vietate anche le pratiche di “social scoring” da parte dell’Autorità Pubblica, cioè quelle pratiche mirate alla classificazione dell’affidabilità delle persone sulla base del loro comportamento sociale o di caratteristiche personali.
Non è consentito l’uso di sistemi di identificazione biometrica remota “in tempo reale” in spazi accessibili al pubblico ai fini dell’applicazione della legge, ad eccezione degli utilizzi strettamente necessari per la persecuzione di obiettivi di sicurezza pubblica e prevenzione della criminalità.
Pregi e difetti del documento europeo per l’Intelligenza Artificiale
Da subito, il Regolamento sull’Intelligenza Artificiale è stato ampiamente criticato sia da organizzazioni impegnate nella salvaguardia di privacy e diritti fondamentali che dall’opposta fazione dei sostenitori dell’avanzamento tecnologico a tutti i costi. Senza dubbio il documento presenta delle lacune e dovrà chiarire una serie di aspetti che certamente emergeranno con l’evolversi del mercato e del dibattito in materia.
Fatte queste premesse, bisogna riconoscere che esso rappresenta un coraggioso tentativo da parte dell’Europa di regolamentare una materia davvero spinosa. Senza l’intervento della UE, si sarebbe lasciato ampio spazio alle decisioni dei singoli Stati, generando una pericolosa difformità a tutto danno non solo dei diritti dei cittadini, ma anche degli operatori di mercato.